Dal settimanale diocesano Nuovo Dialogo

 

SAN GIUSEPPE
Le celebrazioni per la festività di San Giuseppe
al tempo del Covid
di Marina Luzzi
Come l’anno scorso, le celebrazioni per la festività di san Giuseppe risentono del lockdown dovuto alla pandemia. Siamo andati a vedere come stanno vivendo le conseguenze le comunità legate al culto del santo su cui anche il Papa ha voluto accendere un faro
Don Cosimo Rodia è parroco della San Carlo Borromeo di San Marzano di San Giuseppe «dal 22 ottobre 2006» succeduto «a don Franco Venneri, storico sacerdote di questa comunità, di cui fui viceparroco sempre qui dal 1992 al 1998». Nato a Monteparano, è ormai parte integrante della comunità e a dimostrarlo c’è anche la dovizia di particolari con cui racconta della scuola media del paese, dell’oratorio, dei bambini figli di immigrati marocchini «arrivati negli anni ’70 - racconta- e che partecipano alle attività parrocchiali pur essendo musulmani. Qui l’amicizia vince su tutto e fa superare le diversità. Oggi ci sono almeno un centinaio di famiglie originarie del Marocco e tanti altri migranti di diverse etnie». Don Cosimo conosce la comunità nella storia, negli slanci e nelle sue difficoltà. «Ho imparato anche l’albanese, a furia di ascoltarlo dagli anziani. Loro ancora lo parlano, i ragazzi sanno solo qualche parola. Se penso alla storia di questo paese credo che sia un unicum nel nostro territorio, in termini di convivenza, di pace, di serenità nelle legittime differenze. Poi io ho avuto anche la bella sorte di insegnare alla scuola media del paese. Quindi i ragazzi che vedo in classe spesso li ritrovo in parrocchia e si crea una relazione continua e costante». Proprio alla luce di questo rapporto con la comunità, abbiamo chiesto a don Cosimo di raccontarci come si sta vivendo il secondo anno senza festeggiamenti in onore di san Giuseppe. «Quell’entusiasmo, quel fervore che c’è di solito in queste settimane purtroppo anche stavolta è venuto meno. In questo periodo è già a buon punto la raccolta delle fascine di legna nelle campagne e si stanno preparando i carri che sfileranno il 18. La gente però si è comunque organizzata per fare quel che può. Ad esempio il pane: qui se ne producono tonnellate in piazza, tutti insieme. Stavolta ciascuno lo farà a casa propria in piccole quantità, simboliche. Io lo benedirò andando a trovare ciascuno, ovviamente munito di mascherina, gel e sempre a distanza di sicurezza. Il pane benedetto, raccolto e poi cellofanato, come misura anti contagio, verrà distribuito agli ammalati di Covid19 del Moscati, del Giannuzzi di Manduria e del san Marco di Grottaglie». La direzione generale della Asl di Taranto ha autorizzato l’iniziativa e inoltre quello che verrà risparmiato quest’anno nella produzione del pane, sarà destinato a famiglie indigenti. «Rispetto allo scorso anno- spiega don Cosimo- ci siamo organizzati per far vivere in qualche modo la festa patronale. In questi giorni ci stiamo preparando con la novena predicata in presenza. La chiesa è grande e ci permette il distanziamento. Al centro della meditazione c’è la lettera apostolica su san Giuseppe scritta da Papa Francesco. Il 18 marzo alle 18 e alle 19.30 si terranno due celebrazioni eucaristiche, alla fine della prima celebrazione accenderemo la lampada votiva ad olio, che arderà notte e giorno nella cappella dedicata al santo. Poi ci sarà il falò all’esterno, con la diretta streaming dell’accensione. Il 19 marzo seguiremo i soliti orari delle Messe festive e alle 11.00 ci sarà la consegna delle chiavi della città nelle mani della statua del Santo da parte del sindaco. La chiesa madre sarà aperta sia il 18 che il 19 marzo dalle 6.00 alle 22.00, per permettere a tutti di ritagliarsi uno spazio di preghiera personale, in sicurezza. Posso dire che sono felice nel vedere che la comunità sta vivendo con amore anche questo periodo complesso. La devozione verso san Giuseppe rende certi che questo sacrificio fatto per due anni di seguito, sortirà una rinnovata testimonianza di amore verso i fratelli, prova del nove dell’amore che ci lega a Cristo».